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OLIVIERO TOSCANI
“Ho vergogna di appartenere alla razza umana. Quella razza umana basata sull’economia di mercato. Quella per cui l’Europa è una moneta invece che un progetto di civiltà. Visto che la razza è diventata (anzi è sempre stata) motivo di divisione, di intolleranza, di sopruso; visto che a causa della razza non abbiamo più rispetto nemmeno per i bambini e li buttiamo a mare, li speroniamo e li uccidiamo. Io rifiuto questa appartenenza. Da oggi in poi appartengo alle scimmie, ai serpenti, ai cani, alle iene: a quella razza animale che spesso viene usata come esempio per dimostrare la superiorità dell’uomo. Da oggi restituisco la mia identità di uomo per assumere quello di bestia”. Sono le parole provocatorie di Toscani per presentare il personaggio, provocatorio anche col suo stile fotografico. Oliviero Toscani è probabilmente il fotografo italiano contemporaneo più noto nel mondo. Nato nel 1942 a Milano dal primo foto-giornalista italiano (in forza presso Il corriere della Sera), è anche considerato uno dei fotografi pubblicitari più provocatori del XX secolo. Nel 1962 fu ammesso alla Scuola di Arti Applicate di Zurigo (dove si laureò nel 1965), dove capì che la sensibilizzazione sociale era un tema particolarmente importante ed al contempo forte al quale dedicarsi. Probabilmente in questi anni matura le due propensioni che si concretizzeranno in un modo di concepire e trasformare in azione la fotografia, decisive per il suo tratto di stile: 1) in ogni immagine si riflette il punto di vista soggettivo di un uomo che prende posizione nei confronti del mondo 2) la foto trasmette valori, preferenze, scelte e nel preciso momento in cui diviene comunicazione, fatalmente riflette un punto di vista con implicazioni sociali e politiche; a Zurigo, Oliviero Toscani può familiarizzare con le pratiche delle avanguardie artistiche storiche, sperimentandone la fecondità. “Il DNA artistico di Toscani si compone degli stessi geni dissacranti, derisori, irriverenti di Duchamp. Medesima predisposizione a produrre lo shock, offrire costantemente un punto di vista diverso da quello corrente” (Lorella Pagnucco Salvemini). La familiarità con le avanguardie storiche aiuteranno Toscani alla piena comprensione dell’estetica/etica dello straniamento ovvero gli slittamenti del significato attivati da improvvise de-contestualizzazioni. Dopo aver lavorato diversi anni nel mondo delle pubblicazioni rock e pop (dove ha avuto modo di sperimentare in assoluta libertà la rappresentazione della forma), fu notato da alcune riviste di moda che apprezzarono particolarmente il suo lavoro provocatorio, colorato, scanzonato. E nel 1965 cominciò a lavorare per riviste quali Donna, Vogue, Elle Moda e Paris. In questo periodo e negli anni successivi è stato un crescendo di collaborazioni, progetti e campagne pubblicitarie. Oliviero Toscani ha infatti firmato campagne per Esprit, Chanel, Robe di Kappa, Fiorucci, Valentino, Prenatal, Jesus, Inter, Snai, Toyota, Ministero del Lavoro, ministero della Salute, Artemide, Woolworth e tanti altri. Senza dimenticare inoltre le collaborazioni con il Ministero dell’Ambiente e della Salute, con la Regione Calabria, con la Fondazione Umberto Veronesi, e le innumerevoli campagne d’impegno sociale dedicate alla sicurezza stradale, all’anoressia, alla violenza contro le donne e contro il randagismo. Ma soprattutto il suo nome rimane legate per 18 anni con le campagne pubblicitarie della Benetton Bisogna tener presente che negli anni 80 i fotografi, insieme agli stilisti, erano divenuti delle vere e proprie star nel mondo della comunicazione e membri a pieno titolo dello “star system”. La comunicazione persuasiva divenne un punto di riferimento fondamentale per tutte quelle società che iniziarono a portare i loro prodotti in TV. Nessuno si opponeva al paradigma della nuova pubblicità in cui ogni cosa, contenuto e servizio possono essere merce e quindi vendute con successo nel nuovo mondo della pubblicità-spettacolo. Toscani di controtendenza rispetto alla pubblicità ordinaria, invece di enfatizzare il sogno delle merci, realizza immagini che, al di là dei precisi obiettivi di mercato, affrontano problematiche sociali mai toccate prima di allora dal mondo della pubblicità commerciale. Dagli anni 90 egli fa un passo indietro, porta la pubblicità a immergersi nella cronaca, reinterpretando i fatti con drammatizzazione e spettacolarizzazione. Nelle campagne pubblicitarie fecero la comparsa temi fino al momento tabù per il mondo patinato della pubblicità, come l’antirazzismo o l’anti-stereotipi: scelta che ha suscitato non poche reazioni e dibattiti sia a livello politico che morale ma che alla fine hanno permesso a lui come al brand di riferimento fama e notorietà. La particolarità delle immagini era tale da creare, nel pubblico, una specie di attesa per vedere cosa Toscani fosse stato capace di presentare, al pari dell’attesa che può generare il sequel di un libro o di un film. Perfeziona e usa deliberatamente un linguaggio scioccante, crudo e spietato, tanto da essere citato in giudizio più di una volta. Ha fatto della provocazione un’arte in un paese come l’Italia, in cui il conformismo, il moralismo, i pregiudizi, l’ipocrisia, il perbenismo fanno parte di un bagaglio culturale secolare. Egli ha capito che la creatività, la ricerca della trasgressione e l’interattività sono gli ingredienti di una comunicazione efficace e sempre più attuale, in un mondo che diventa ogni giorno più veloce ed immediato. Nel 1991 Toscani viene richiamato dal Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, con la motivazione che le sue pubblicità “non tengono conto della sensibilità del pubblico”. Oliviero Toscani, con scelte coraggiose e una straordinaria determinazione, propose una radicale contro-tendenza nei confronti dei modi della pubblicità ordinaria. Invece che enfatizzare la dimensione di sogno delle merci, costrinse l’opinione pubblica a un brusco risveglio, introducendo negli effetti testuali delle sue immagini, elementi del reale sino a quel momento rimossi dalla semantica ideale delle narrazioni considerate efficaci per generare desiderio (di acquisto, di possesso, di status). Ai piccoli, incantati e fasulli mondi possibili di marca, costruiti sterilizzando il testo da qualsiasi contaminazione negativa, oppose il progetto di una azienda-mondo (la Benetton), aperta a un confronto serrato con i discorsi, spesso traumatici, che attraversavano il sociale. Prima di lui, solo William Klein, Guy Bourdin e pochi altri fotografi avevano avuto l’audacia di traumatizzare la comunicazione pubblicitaria della moda, in modo altrettanto scioccante. Si potrebbe aggiungere alla breve lista anche Helmut Newton, sottolineando però i limiti delle sue provocazioni, riservate al solo contesto erotico. La passione etica di Oliviero Toscani aveva ben altro spessore. Non si esagera nel sostenere che la sua partecipazione critica espressa attraverso il linguaggio fotografico, coinvolgeva pressoché tutte le escrescenze problematiche della forma di vita occidentale. Non è dunque un caso se oggi, ad anni di distanza dall’uscita delle sue più famose campagne, al netto dell’impatto determinato dal successo del web ancora da valutare nei suoi effetti ristrutturanti, possiamo registrare nel campo della comunicazione pubblicitaria una maggiore eterogeneità, una minore omologazione, più attenzione al reale e all’intelligenza del messaggio, rispetto al tempo in cui regnava sovrano lo star-system teorizzato da Jean Seguela e lo stile Mulino Bianco o Pasta Barilla di Gavino Sanna. Alla fine degli anni novanta, in parallelo alla sua attività pubblicitaria, Oliviero Toscani ideò e diresse Colors (di proprietà della famiglia Benetton, rivista che fondò insieme a Tibor Kalman), il primo giornale globale al mondo. Nel 1993 fu la volta di un’altra sua invenzione, Fabrica (sempre sotto la supervisione della famiglia Benetton), un vero e proprio centro di ricerca per la creatività nella comunicazione moderna. Nel 2000 pubblicò probabilmente la sua campagna più controversa con Benetton: una campagna pubblicitaria incentrata sulla pena di morte, con una serie di fotografie di persone ospitate nel braccio della morte. Una campagna, come detto, molto controversa ma che al contempo ebbe un successo planetario. Questa campagna segnò comunque non solo il successo di Oliviero Toscani ma anche la fine della sua collaborazione con la famiglia Benetton. A partire dal 2000, Toscani si dedicò quindi ad altri progetti, senza mai comunque variare il suo stile, sempre dissacrante, anticonformista e soprattutto fortemente di sfida. Ricordiamo ad esempio la campagna pubblicitaria “Non Uccidere” (2004) per la Polizia di Stato, nonché la campagna di promozione turistica (2003) per la regione Calabria. Un’altra campagna di fortissimo impatto fu firmata dal Oliviero Toscani nel 2007: la campagna choc contro l’anoressia nervosa. Il soggetto di Toscani fu la modella Isabelle Caro, fortemente colpita dalla malattia (di cui ne morì praticamente 3 anni dopo), il cui corpo nudo (devastato dalla malattia) fu pubblicato su delle gigantografie installate in giro per le città. In parallelo (1999-2000) Oliviero Toscani coprì la carica di direttore creativo di un mensile di New YorK (Talk Miramax) fondò un centro di ricerca sulla comunicazione moderna dal nome La Sterpaia (2003), fu tra i fondatori dell’accademia di Architettura di Mendrisio ed ha insegnato Comunicazione Visiva presso l’università di Mendrisio stessa (più svariate collaborazioni con altri atenei italiani e non). Toscani, nel 2007, fece partire uno dei suoi progetti più grandi, ovvero Razza umana: un insieme di immagini raffiguranti tutte le razze, espressioni, stati sociali, culturali, provenienti da tutto il mondo. In parallelo, lo stesso fotografo si impegnò sulla realizzazione di Nuovo Paesaggio Italiano: una raccolta di immagini di denuncia circa il degrado dell’Italia. Nuovo Paesaggio Italiano è stato esposto alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano, a San Paolo in Brasile nonché in tantissimi musei d’arte moderna in giro per il mondo. Oliviero Toscani ha collezionato tantissimi premi tra i quali possiamo ricordare ben quattro Leoni d’Oro, Gran premio dell’UNESCO, due Gran Premio d’Affichage.